domenica 1 marzo 2009

Fare ancora scuola, nonostante …/1

Non c'è tempo per crogiolarsi nella elaborazione del lutto...
Una riflessione di Ermanno Morello, dopo l'incontro del 28 febbraio


Cari amici,
un paio di spigolature sull'incontro di questa mattina, dal quale sono uscito con più di una perplessità ma ancora più convinto della bontà dell'iniziativa del CIDI, per non essere soli nella battaglia per un NUOVO progetto culturale per la scuola di domani e non per difendere (rimpiangere?) modelli organizzativi che non ci sono più (concretamente indifendibili proprio perchè non ci sono più!). Provvidenziale a questo proposito il richiamo di Domenico a una elaborazione seria sui contenuti e a una più corretta disciplina del dibattito: proprio qui sta l'imbarazzo con cui ho ascoltato gli interventi, persino le non informazioni circa le prossime trattative sugli organici e le 4 ore residue di istituto...

Ringrazio Flavio per la sua bella introduzione, davvero intellettualmente intensa: ossigeno puro per chi crede nel ruolo essenziale del pensare criticamente OGGI, in QUESTA scuola, per una PROSPETTIVA, a partire dallo lo tzunami reazionario che ci ha investiti. Forte e inascoltato il richiamo di Mario alla ineluttabilità, per un insegnante, dello stare nel cambiamento (anche in quello subìto, aggiungerei) per lavorare al cambiamento, voluto e praticato. Per le nostre necessità è grave che il dibattito abbia trasformato l'intervento inziale di Flavio, così denso di indicazioni e contenuti, in un fatto del tutto pleonastico in una discussione in cui ciascuno è andato per i propri lidi! Eppure non dovrebbe esserci estranea l'importanza di stare in una cornice di senso definita (di volta in volta definita), per esporre opinioni, anche opposte, confrontabili e non autoreferenziali; soprattutto se intendiamo insegnarlo (diciamo di farlo) ai nostri allievi...

Forse non bisognava, scaramanticamente, proporre il fatidico "Che fare?" (al quale non vorrei che qualcuno fosse tentato di far seguire, letale rigurgito, l'imbarazzante "bilancio e prospettive"...), troppo carico di richiami a una stagione irripetibile, come la giovinezza d'altronde, che per noi rischia di non essere un futuro credibile. Sorvolando sull'esercizio di erudizione (ah, l'occasione! fa l'uomo ladro) del baldo assessore che ci ha proposto una scelta davvero interessante, tra Cernicevskij e Lenin! Come dire se contro la Gelmini e il neo-conservatorismo è meglio l'utopia ottocentesca della comunità cooperativa socialista o la prospettiva rivoluzionaria sovietica, per cercare il da farsi...

Bah, forse è meglio rimanere nella bella suggestione e chiara indicazione di seguire, con impegno, dei percorsi di senso ...

Grazie per il vostro impegno, che sento sempre più anche mio
buona notte
ermanno

3 commenti:

  1. Commento di prova...
    Ringrazio tutti quelli che hanno pensato ai seminari di confronto, Flavio che ha introdotto il primo, Ermanno per queste riflessioni, Mario per aver pensato a questo spazio di condivisione.
    Sono uscita dal seminario di sabato un po' allibita; non so esattamente cosa mi aspettassi, forse delle indicazioni su come resistere allo tsunami, quali strade è possibile percorrere per fare la maestra con dignità e consapevolezza, a testa alta, quali spazi di autonomia ci sono per far bene scuola, per far crescere i miei bambini, quelli che verranno. Gli interventi hanno preso un'altra piega: un po' di liturgia penitenziale, un po' di contrapposizione docenti/dirigenti, dirigenti/dirigenti, docenti/docenti, un po' di "com'era bello prima e come ci volevamo bene..".
    Forse non era possibile fare diversamente: la Gelmini ha anche alzato il tappeto per vedere quanta polvere ci fosse sotto e non ci eravamo accorti che ce ne fosse tanta.

    Percorsi di senso.. sarebbe bene che ci confrontassimo sul significato di questa espressione: vuol dire "mi adatto a quello che mi chiedono, pur dichiarando pubblicamente di non essere d'accordo? e, in pratica, vuol dire, ad esempio, che se dovrò fare la maestra unica e mi obbligheranno a fare i corsi d'inglese sceglierò di essere iscritta e non frequenterò, consapevolmente? vuol dire, ad esempio, fare l'adozione alternativa dei libri, cercare di convincere tutti i colleghi perché è antidemocratico che sia solo un'interclasse a scegliere i libri, o, invece, optare per una commissione estesa? Anche su queste cose mi piacerebbe un confronto, un consiglio, una comunicazione di quello che succede altrove, in modo che anche le azioni, oltre le parole, siano condivise.
    ciao
    daniela

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  2. Tre sintetici appunti attorno agli stimoli proposti da Ermanno.
    Bisogna stare "dentro" i cambiamenti, anche quelli subiti, aggiunge Ermanno. Penso sia il problema: in che misura, sulla base di quali parametri di giudizio decideremo di stare dentro i cambiamenti che ci sono stati imposti per provare ad attenuarne gli effetti oppure per contrastarli e copovolgerli? Se sarà ancora possibile. Anche per trovare insieme una o più risposte a questo interrogativo abbiamo organizzato queste giornate.
    In questa prospettiva, rivendico, pur nell'evidenza dei suoi limiti, la scelta di aver voluto, nelle tavole rotonde, attraverso un "Che fare?" un po' brutale e non meglio orientato, verificare quali siamo le idee in campo e anche le differenze fra noi. Solo partendo da una piena consavolezza anche di ciò che oggi ci divide sul giudizio che diamo del passato e del preente potremo costruire una nostra ipotesi di futuro.
    Sono d'accordo: dobbiamo ritrovare percorsi di senso, che affondino le radici nella nostra storia senza rinnegarla o mitizzarla, ma che sappiano guardare alle esigenze nuove che abbiamo di fronte.
    Non solo sulla scuola, ma di questo noi ci occupiamo.
    Ciao
    Mario Ambel

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  3. UNA PICCOLA PREMESSA

    Ho espresso più volte, durante questi mesi, la mia personale preoccupazione perché non si commettesse l’errore di difendere una cattiva scuola, con cattivi maestri e cattivi dirigenti.
    L’impegno di tutti coloro che, soprattutto in questi ultimi mesi, hanno condiviso la riflessione, la fatica di incontri, riunioni, eventi, ha reso esplicito che non ci sono nostalgie e\o volontà di difesa di ciò che non c’è o di ciò che non funziona: è stato un messaggio chiaro anche nella giornata del 15 novembre.
    Personalmente poi, non ho scuole da difendere, ma sono in “giro” per scuole da ormai 20 anni proponendo contratti formativi che coinvolgono in attività di studio e riflessione i docenti delle scuole. Questa sì, è stata, per me, un’esperienza formidabile che mi ha permesso di avere la visione di realtà scolastiche diverse e diversificate per territori , per scelte e per cultura. .
    Ma i momenti di riflessione, come quello proposto ieri dal CIDI, sono frequentati, solitamente, da insegnanti con un alto profilo professionale, dotati di grandissima tenacia e generosità intellettuale e umana e poco inclini a difendere la categoria o il proprio modellino. Il contesto del dibattito era un contesto particolare, direi di nicchia, in cui la riflessione doveva essere coinvolgente e non di contrapposizione….


    MA…
    Noi ieri ci stavamo chiedendo se un “modello di scuola” ( non come è diventato per colpa di chi ci lavora al suo interno) è ancora sostenibile e se ha ancora un supporto teorico a cui far riferimento o se ce ne dobbiamo inventare uno diverso ….
    Stiamo parlando di un modello educativo e formativo e non possiamo farlo a prescindere da modelli organizzativi (non sono solo organizzativi) che ci sono e che ci hanno visti impegnati nel tempo.
    Per la scuola elementare si chiamano: tempo normale, tempo modulare (in riferimento, per la cronaca, alla mente modulare,) e Tempo Pieno (tempo sperimentale legge 820)

    Il mio contributo voleva essere, in positivo, la ricerca di aspetti di caratterizzazione, del T.P e che non possono essere per motivi organizzativi quelli di una scuola a tempo normale (24 ore) o modulare. Dovremmo dirci se e quanto di questi aspetti sono per noi irrinunciabili
    Provo a farne una sintesi come scaletta:
    - la scuola a Tempo Pieno è una scuola che si caratterizza fortemente nel territorio in cui si colloca,( non è, infatti il tempo scuola nazionale) _
    - E’ una scuola che è stata capace di interpretare le teorie sull’apprendimento, le teorie delle scienza cognitiva e di condividere la responsabilità di costruire scenari didattici cercando il confronto e la sinergia fra gli attori interni alla scuola , il territorio e le istituzioni (IRRSSAE, UNIVERSITA’, COMUNE DI TORINO, PROVVEDITORATO che hanno investito nella formazione dei docenti, nell’ organizzazioni di progetti culturali e formativi e negli interventi strutturali ).


    DA docenti … abbiamo imparato…
    - a guardare i nostri ragazzini nell’evoluzione del loro pensiero e della loro cultura;
    - ad inventare delle prassi didattiche che tenessero conto della realtà dei nostri bambini, e delle specificità delle discipline;
    - a guardare, a prestare attenzione e interesse alla conversazione, all’interpretazione alla rappresentazione per accorgersi dei cambiamenti, delle fatiche, dei successi e delle difficoltà di ciascuno dei nostri allievi;
    - che le difficoltà pongono nuovi interrogativi e che sono una sfida per capire e ri-mettere in discussione la progettazione;
    - ad organizzare un ambiente che contenga , faciliti, solleciti la relazione umana ma che viene costantemente modificato e caratterizzato dalla qualità di rapporti e delle relazioni;
    - che bisognava accompagnare un gruppo perché diventasse solidale e necessario per l’apprendimento;
    - a costruire collegialità per progettare percorsi e attività che permettessero per “osservare” i bambini durante la lo loro esplorazione e crescita culturale;
    - che la con-titolarità era garante di condivisione e corresponsabilità del progetto educativo e culturale;
    - che non essere depositari del sapere di una specificità disciplinare poteva aiutarci a trovare il modo per condividere con i nostri ragazzini le sovrapposizioni disciplinari, le zone di confine fra le discipline, i modelli trasferibili fra discipline ecc. (penso alla geografia per la storia, penso alla scienze per l’ambiente, penso alla scienze per la storia penso alla lingua come supporto alla narrazione e alla costruzione di pensiero
    - che i tempi dell’apprendere sono lunghi, che la scuola elementare mette a disposizione delle allieve e degli allievi le esperienze ( pensieri, gesti) che serviranno per successivi approfondimenti, per capire e interpretare le formalizzazioni e modelli che per cultura l’umanità ha imparato a scambiarsi. Per questo è necessario tener conto della specificità dei diversi segmenti di scuole e le ricorsività di argomenti e problematiche

    Siamo stati docenti in una scuola che ha costruito contesti democratici di apprendimento.
    Sappiamo che non si può essenzializzare

    MA…
    Il periodo delle Moratti ha fatto da setaccio e spartiacque ….si è visto chi non si è allineato.
    Durate “la Moratti” è nata per sopravvivenza di tutti, una spaccatura fra dirigenti e collegi
    (i direnti prendevano e prendono decisioni fra dirigenti di territorio)
    La Moratti ha interrotto il processo di normalizzazione che avviene tra le innovazioni e la sua traduzione in normalità
    Non abbiamo avuto le forze per sostenere, studiare ecc
    C’è stato un progressivo e inevitabile logoramento e impoverimento della pratica didattica e dello studio
    Non siamo stati in grado di “sostenere” le eccellenze: attenzione al dialogo con le famiglie, attenzione alle pratiche valutative, attenzione alle prassi didattiche, alla sperimentazione e la ricerca
    Abbiamo lasciato che la libertà di insegnamento venisse agita fuori della collegialità che ne è invece il garante e il riferimento

    Ci siamo dimenticati così che i significati vanno sempre ri-esplicitati
    L’abbandono dei significati ha lasciato il posto ai problemi organizzativi (vedi nascita dei comprensivi, presidi \prof delle medie e delle scuole superiori hanno fatto un bel danno!) e ha favorito un impoverimento sul piano culturale, didattico e motivazionale..

    Nuccia Maldera, 29/02/2009

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